fascismovirus

I

Il testo che segue è un dialogo tratto da un romanzo che ho scritto (inedito), un giallo in cui si narra di archeologia, fascismo, etruschi, biblioteche e disagi neurotici. La pandemia che imperversa nel nostro paese e nel mondo, e le innumerevoli reazioni irrazionali di molti miei connazionali, mi spingono a proporlo, a sostegno della tesi che la malsana idea della dittatura come rimedio alla paura, ovvero della paura come rimedio alla paura, si configura e si comporta, metaforicamente, come un virus.
Un archeologo (in prima persona) sta discutendo con un dirigente dei servizi segreti (M) …

« Un ambiente infestato da virus può dirsi sano soltanto dopo la scomparsa dell’ultimo virus, non solo del primo. Non parlo delle persone, non sto rimpiangendo un mancato sterminio. Mi riferisco al virus di cui essi erano portatori. Un virus che produce un disturbo psicologico che induce a ritenere giusti la violenza, la sopraffazione, l’individualismo più spietato, il porre il proprio interesse al di sopra degli altri e dello Stato. […]
Ho interpretato questa vicenda come tante altre simili, ascrivendola ai fatti della politica, quando la politica, spesso, e certamente in questo caso, non è che il vuoto contenitore entro cui altri fatti si agitano come forme virali in una provetta. Perché? Perché conosco queste forme virali, le ho conosciute durante la guerra, e ne sono stato infettato. Tutti fummo infettati: alcuni ne divennero gli ospiti sani, altri si ammalarono, molti ne morirono. In quasi cinquant’anni m’è capitato altre volte di credere di incontrarle ancora, e ogni volta ne ho constatata la debolezza, e la facilità con la quale si potevano combattere. Così ho creduto fosse anche questa volta. Ma temo di essermi sbagliato. Perché il virus è in realtà sempre lo stesso e ciò che invece cambia è lo stato di salute del corpo. Il virus rimane latente, per anni, secoli, poi, non appena il corpo abbassa le difese, mostra di nuovo il suo volto, e lo aggredisce, dritto ai centri vitali. Lei avrà certamente capito che questo corpo è la metafora del nostro Stato, inteso, badi bene, non come corpo astratto, bensì come insieme di corpi reali, che proprio da questa unione traggono salute, individuale e collettiva, forza, capacità di difendersi da agenti virali. »
« Dunque lei crede che dietro la vicenda del … sia celato un progetto segreto più importante? Immagino si riferisca … »
« Non salti alle conclusioni. Altrimenti rischiamo di razionalizzare in modo sbagliato, minimizzando la complessità. Ora dobbiamo affrontare un problema più grave, almeno per me: salvare suo padre. Il suo destino potrebbe essere nella mani di persone che agiscono in modo irrazionale; dobbiamo quindi penetrare i loro enigmatici meccanismi di pensiero, per essere pronti, e nasconderci lì dove non si aspettano di trovarci. »
« Le due cose potrebbero non essere distinte. Se vogliamo continuare a usare la sua metafora, un virus è una forma di vita che non è in grado di riprodursi e di sopravvivere, se non in modo parassitario. Si replica sfruttando la biologia del corpo che invade. Se l’ultimo corpo muore, muore anche il virus. »
« Non intendo bene dove vuole arrivare. »
« Razionalità e irrazionalità sono strettamente connesse nel modo di agire di questo virus. Ma usciamo dalla metafora. C’è un progetto razionale, che però si fonda su basi irrazionali. Irrazionali non perché non piacciono a me o a lei, bensì per il fatto di preferire, alla convivenza e alla collaborazione, lo sfruttamento di un ospite, trascurando il fatto decisivo che il suo indebolimento e la sua morte provocherebbero anche la fine del proprio progetto. »
« Cos’è, biologia marxista?” chiese con ironia. “No, mi scusi. Vada avanti, che il ragionamento fila. »
« Ora, cosa accade quando un virus inizia ad aggredire un corpo? »
« Comincio a pentirmi di avere utilizzato questa metafora… »
« D’altronde le abbiamo inventate per questo, le metafore, per spiegarci meglio, no? »
« Diciamo che abbiamo imparato a utilizzarle, poi però non si può andare avanti all’infinito… Prosegua. »
« Giusto, allora utilizziamola meglio. Poniamo allora che questo virus ragioni, e che persegua un progetto, nell’aggredire il corpo ospite. Poniamo anche che non si tratti di un solo virus, ma di virus di diverso tipo, alleati, o anche virus dello stesso tipo ma con idee diverse sul da farsi. »
« Giusto, » disse M. alzandosi in piedi. « O meglio, virus che hanno differenti specializzazioni. Ognuno si fissa su un particolare aspetto del corpo. »
« E siccome possono, o almeno credono di poter agire direttamente sul DNA, alcuni di loro si interessano anche alla storia del corpo e dei suoi antenati. »

(La foto è di Dirk Weiblen)

Pubblicato da Sandro Lorenzatti

Archeologo e Scrivano

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