Sapient Paradox

In questa valle di lacrime ognuno sopravvive come può, ad esempio leggendo libri, quando il Malleus Maleficarum non picchia forte in testa.

Così può capitare di leggere “Preistoria. L’alba della mente umana”, di Colin Renfrew. E leggendo, capita di condividere con l’autore quesiti fondamentali sull’evoluzione dell’uomo, o meglio della sua mente. Ad esempio, Renfrew si chiede come sia stato possibile che pur datandosi a 40.000 anni fa la comparsa dell’Homo Sapiens in Europa, la cosiddetta “Rivoluzione Neolitica”, ovvero la nascita della società così come la intendiamo oggi, si sia verificata soltanto 10.000 anni fa.
Questo enigmatico interrogativo è stato definito come “Sapient Paradox“. (1)

Se le basi genetiche della nuova specie sono diverse – e non di poco – da quelle dei primi ominidi, perché mai la nuova capacità genetica intrinseca non è stata più rapidamente visibile nei suoi effetti, in ciò che è rimasto nelle testimonianze archeologiche?

Cosa ha fatto l’Homo Sapiens in Europa per 30.000 anni?

Tale dubbio si è peraltro quantitativamente accresciuto negli ultimissimi anni, poiché sono stati trovati reperti ossei in Europa (Grotta di Apidima, Grecia) datati a 170.000 e 210.000 ani fa (2), e in Africa (Jebel Irhoud, Marocco) dove si parla addirittura di 300/350.000 anni fa (3).

La domanda dunque va riformulata: cosa ha fatto l’Homo Sapiens per (almeno) 200/300.000 anni?

Mi chiedo poi se il Paradox possa essere esteso anche all’Homo Neanderthalensis: si sapeva già apparso circa 200.000 anni fa, e ora si datano nuovi suoi resti (in modo dubitativo) a 430.000 anni fa (4); certamente circa 160.000 anni fa sapeva già lavorare bene la pietra.

La nostra mente (certamente la mia) vacilla ad immaginare un periodo di tempo così sterminato durante il quale esseri umani, praticamente identici a noi, sono vissuti in una dimensione priva di tutte quelle strutture sociali e poi politiche (produzione, accumulo dei beni, possesso privato, urbanizzazione, élites, scrittura, ecc.), scaturite dal Neolitico. Una dimensione che possiamo soltanto ipotizzare come totalmente indifferenziata dall’ambiente naturale, fondata su schemi che in massima parte, data l’esiguità o la totale assenza di resti, possiamo indagare solo affidandoci alla Neuroscienza Cognitiva.

NOTE

(1) Colin Renfrew, Preistoria. L’alba della mente umana, 2011, p. 92 (Prehistory. The Making of the Human Mind, 2007). Approfondimenti: C. Renfrew, Neuroscience, evolution and the sapient paradox: the factuality of value and of the sacred, in C. Renfrew, C. Frith – L. Malafouris (edd.), The Sapient Mind: Archaeology meets Neuroscience, in “Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences”, 2008 Jun 12; 363(1499), pp. 2041-2047. Una buona recensione: Merlin Donald, The Sapient Paradox: can cognitive Neuroscience solve it?, in “Brain” (A Journal of Neurology) 2009; 132 (3), pp. 820-824

(2) K. Harvati, et al., Apidima Cave Fossils Provide Earliest Evidence of Homo Sapiens in Eurasia, in “Nature”, 571, 2019, pp. 500-504

(3) D. Richter et al., The age of the hominin fossils from Jebel Irhoud, Morocco, and the origins of the Middle Stone Age, in “Nature”, 546. 2017, pp. 293-296.

(4) M. Meyer, J. Arsuaga, C. de Filippo. et al., Nuclear DNA sequences from the Middle Pleistocene Sima de los Huesos hominins, In “Nature“, 531, 2016, pp. 504–507

Pubblicato da Sandro Lorenzatti

Archeologo e Scrivano

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