Il denaro come esempio limite di mezzo che diventa fine (Simmel)

Nella sua opera Filosofia del denaro (1900), Georg Simmel, all’inizio della seconda parte del terzo capitolo (Il denaro nella serie dei fini), si sofferma sulla trasformazione psicologica dei mezzi in fini, che in realtà è una delle questioni centrali dell’intero testo. Il sentimento del valore è ingannevole, in quanto all’importanza che si attribuisce ad un dato mezzo. Il denaro ha per noi valore perché è (o meglio, aggiunge, benché sia solo) il mezzo per ottenere valori. Nonostante i mezzi, se non inseriti in una serie teleologica (relativa dunque i fini) siano completamente estranei al valore. Ciò accade, secondo Simmel, per una generale attitudine del nostro spirito che si potrebbe definire espansione psicologica delle qualità, che si verifica quando il valore che attribuiamo al veicolo (in questo caso il denaro) coinvolge tutti gli altri elementi di una serie oggettiva di fatti e sentimenti, positivi o negativi.

In un passaggio seguente identifica il denaro come esempio limite [extremstes Beispiel] di mezzo che diventa fine [a capo e neretto miei]:

Non c’è bisogno di nessuna prova particolare per dimostrare che questa datazione anticipata del fine ultimo avviene nel denaro in modo più radicale e in proporzione maggiore che non in qualsiasi altra istanza strumentale della vita. Mai un oggetto il quale debba il suo valore esclusivamente alla sua qualità di mezzo, alla sua convertibilità in valori più definitivi, ha raggiunto così radicalmente e senza riserve una simile assolutezza psicologica di valore, divenendo un fine ultimo che invade completamente la coscienza pratica.

Questo sfociare di ogni desiderio nel denaro, questa sua definitiva desiderabilità, aumenta proprio nella misura in cui il denaro assume il carattere di mezzo in modo sempre più puro. Questo significa che la cerchia degli oggetti che si possono procurare con il denaro si amplia sempre di più, che le cose oppongono una resistenza sempre minore al denaro, che il denaro stesso diviene sempre più privo di qualità, ma proprio per questo acquista una potenza uguale nei confronti di ogni qualità delle cose.

La sua crescente importanza dipende dal fatto che in esso tutto ciò che non è semplicemente mezzo viene eliminato, perché solo così cessano gli attriti con i caratteri specifici degli oggetti. Aumentando il suo valore in quanto mezzo, aumenta anche il suo valore di mezzo, e, precisamente, ad un punto tale che il denaro vale come valore in senso assoluto e la coscienza del fine si arresta definitivamente in esso. La polarità interna dell’essenza del denaro: essere il mezzo assoluto e diventare proprio per questo psicologicamente il fine assoluto per la maggior parte degli uomini, ne fa in modo particolare un simbolo, nel quale i grandi princìpi regolativi della vita pratica si sono in un certo senso irrigiditi.

Dobbiamo considerare la vita come se ognuno dei suoi attimi fosse un fine ultimo, ognuno di essi deve essere considerato importante come se la vita fosse giunta fin lì proprio per amor suo; e, contemporaneamente, dobbiamo vivere come se nessuno degli attimi della vita fosse definitivo, come se in nessuno di essi dovesse fermarsi il nostro senso del valore.

Ogni momento della vita, invece, deve valere come un punto di passaggio e un mezzo per stadi sempre più elevati. Questa duplice esigenza, apparentemente contraddittoria, in base alla quale ogni momento della vita deve essere nello stesso tempo assolutamente definitivo e assolutamente non definitivo, scaturisce dalla più profonda interiorità in cui l’anima dà forma al proprio rapporto con la vita e trova, abbastanza curiosamente, un appagamento, in un certo senso ironico, nel denaro, nella più esteriore formazione dello spirito, più esteriore perché al di là di tutte le sue qualità e di tutta la sua intensità.

Testo originale

Es bedarf wohl keines besonderen Nachweises, daß diese Vordatierung des Endzwecks an keiner Mittelinstanz des Lebens in solchem Umfange und so radikal stattfindet als am Geld. Niemals ist ein Objekt, das seinen Wert ausschließlich seiner Mittlerqualität, seiner Umsetzbarkeit in definitivere Werte verdankt, so gründlich und rückhaltslos zu einer psychologischen Absolutheit des Wertes, einem das praktische Bewußtsein ganz ausfüllenden Endzweck aufgewachsen. Auch wird diese abschließende Begehrtheit des Geldes gerade in dem Maße steigen müssen, in dem es immer reineren Mittelscharakter annimmt. Denn dieser bedeutet, daß der Kreis der für Geld beschaffbaren Gegenstände sich immer weiter ausdehnt, daß die Dinge sich immer widerstandsloser der Macht des Geldes, ergeben, daß es selbst immer qualitätsloser, aber eben deshalb jeder Qualität der Dinge gegenüber gleich mächtig wird. Seine wachsende Bedeutung hängt daran, daß alles, was nicht bloß Mittel ist, aus ihm herausgeläutert wird, weil erst so die Reibungen mit den spezifischen Charakteren der Objekte hinwegfallen. Indem sein Wert als Mittel steigt, steigt sein Wert als Mittel, und zwar so hoch, daß es als Wert schlechthin gilt und das Zweckbewußtsein an ihm definitiv haltmacht. Die innere Polarität im Wesen des Geldes: das absolute Mittel zu sein und eben dadurch psychologisch für die meisten Menschen zum absoluten Zweck zu werden, macht es in eigentümlicher Weise zu einem Sinnbild, in dem die großen Regulative des praktischen Lebens gleichsam erstarrt sind. Wir sollen das Leben so behandeln, als ob jeder seiner Augenblicke ein Endzweck wäre, jeder soll so wichtig genommen werden, als ob das Leben eigentlich um seinetwillen bis zu ihm gereicht hätte; und zugleich: wir sollen das Leben so führen, als ob überhaupt keiner seiner Augenblicke ein definitiver wäre, an keinem soll unser Wertgefühl stillhalten, sondern jeder hat als ein Durchgang und Mittel zu höheren und immer höheren Stufen zu gelten. Diese scheinbar widerspruchsvolle Doppelforderung an jeden Lebensmoment, ein schlechthin definitiver und ein schlechthin nicht definitiver zu sein, quillt aus den letzten Innerlichkeiten, in denen die Seele ihr Verhältnis zum Leben gestaltet – und findet, wunderlich genug, eine gleichsam ironische Erfüllung am Gelde, dem äußerlichsten, weil jenseits aller Qualitäten und Intensitäten stehenden Gebilde des Geistes

Georg Simmel, Philosophie des Geldes, Leipzig 1900, pp. 217-8 (trad. Filosofia del denaro, Utet, Torino 2013 a cura di A Cavalli e L. Perucchi)

Pubblicato da Sandro Lorenzatti

Archeologo e Scrivano

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.