Le ossa di Dante

Deus dissipavit ossa eorum qui hominibus placent
(Salm., 52, 6)

Morì a Ravenna, la notte tra 13 e 14 settembre del 1321, solo una data di calendario, una sigla, una formula di magia semplice, utile a calcolare il tempo trascorso tra la sua morte ed un punto particolare della vita di chi si pone la domanda.

Morì uomo infelice fin dalla gioventù per il perduto amore, infelice ne’ servigii voluti rendere alla patria, sconosciuto dai concittadini, dannato al fuoco, vituperato di baratteria, perduti gli scritti, perseguitato per essi, interrotto negli studii, fuoruscito, errante, povero, forse mendico, solo, scherno di buffoni, trastullo di principi. Dante non mai avvilitosi per nulla, non mai scostatosi dalla fede, non mai cessante fino all’ultimo di amare, di operare, di scrivere per la sua donna, per la sua patria, per il suo Dio. [1]

Le sue carni, con processo graduale ed orrendo, svanirono lasciando nell’urna le nude ossa, ancora ricoperte dall’ultimo vestito, che pure si sarebbero sgretolate, come la pietra pomice quando è battuta da un sasso duro, se il marmo che le racchiudeva non ne fosse stato scudo.

Fece il Magnifico Cavaliere il morto corpo di Dante di ornamenti poetici sopra un funebre letto adornare, e quello fatto portare sopra gli omeri de’ suoi cittadini più solenni, insino al luogo de’ frati minori in Ravenna, con quello onore che a sì fattto corpo degno stimava, insino a qui, quasi pubblico pianto seguitolo, in un’arca lapidea, nella quale ancor vige, il fece per allora riporre. [2]

Lo immagino ancora cosciente, in quell’urna, intravedere qualcosa, percepire rumori, lembi di parole. Ma le sue sensazioni sono legate al pensiero da un vincolo precario e solo per ipotesi arbitraria può dirle sue, e non di qualcun altro che si appressa. Il suo sguardo non va oltre un’invisibile recinzione quadrangolare che segna il luogo in cui è fermo, oltre la quale si intuiscono solo muri e figure in dissolvenza. Dietro non c’è nulla a parte un mormorio che lui direbbe di rami e foglie se di tanto in tanto non vi riconoscesse le parole Patris et Filiis et Spiriti Sancti.
Durante il giorno alcuni entrano nel recinto ed arrivano così vicino a lui che il loro alito quasi lo raggiunge, e allora gli pare di essere sfiorato da un tepore. Durante le piogge, alcuni vi si rifugiano, ma per poco, poi corrono via. Di notte invece non viene mai nessuno perché l’unico accesso al recinto viene sbarrato da un cancello di bronzo nero.

C’è una storia strana, intorno alle ossa di Dante….

L’arca di marmo con l’urna erano in un portico di S. Francesco, prima detta S. Pier Maggiore, in un piccolo mausoleo costruito da Ostasio e Guido da Polenta, delimitato da due cappelle, una dedicata alla Madonna l’altra detta di Braccioforte, che Giorgio Fabbri riedificò nel 1480, trasformando il portico in un semplice muro di cinta. Nel 1483 il prefetto Bernardo Bembo restaurando il complesso, e rinvenne il sepolcro nella cappella della Madonna. Dunque era stato spostato, ma nessun documento lo attesta. Intorno, Bembo, vi fece costruire da Pietro Lombardi il Tempietto che, nel 1780, per nuovi guasti, venne gettato a terra e dai fondamenti riedificato dall’architetto Camillo Morigia, per ordine del dal Cardinal Luigi Valenti Gonzaga. Lo storico Camillo Spreti scrisse che in tale occasione “il Sarcofago si aprì in forma pubblica, presenti le autorità, per riconoscere l’autenticità di un tanto prezioso deposito: vi si rinvenne ciò che era necessario per non dubitarne, ed alle memorie ch’esso racchiudeva altre pure il Cardinale ne aggiunse per far conoscere ai posteri l’indubbia verità senza contrasto che Ravenna soltanto gloriavasi di possedere le ceneri di un sì gran poeta“, [3]; tuttavia, in una in una memoria manoscritta di certo Fra Tommaso Marredi del primo agosto 1780, rinvenuta più tardi nel soppresso convento dei PP. Francescani, si legge: “la cassa venne aperta e non si trovò alcuna cosa: fu di nuovo sigillata […] e fu messo ogni cosa sotto silenzio, restando la medesima opinione” [4]. Corse poi voce ai tempi della Repubblica Cisalpina che l’urna fosse stata trafugata, finché, mezzo secolo dopo, non venne ritrovata. come si legge nel testo [5] che segue:

L’ avventurata scoperta delle Ossa di Dante avvenuta in Ravenna addi 27 Maggio 1865 è cosi legata alle vicende del suo Sepolcro, che narrando dell’una, gli è forza toccare anche brevemente delle altre…

Toccava al giorno 27 Maggio 1865 il chiarire un dubbio sfuggito sin qui alla critica dello storico, per la sola gelosa premura con cui il timore della realtà avea fatto fra di noi custodire.
Ed ecco come.
Sul principio di Maggio decorso preparandosi il Municipio di Ravenna a celebrare il sesto centenario di Dante mi ordinava di estendere la decorazione della facciata del suo tempietto ad altri due de’ suoi lati, e compiere diversi altri lavori attorno alla Cappella di Braccio Forte.
Sospeso l’ordine dato di demolirla, perchè surto il pensiero di ridurla ad un arco quadrifronte, come ora si vede , si abbatteva dapprima l’abside aggiunto dalla parte posteriore, e tutto il pronao anteriore che si disse eretto sopra un antico muro della Cappella primitiva. Questo muro però a tutto il 27 detto non era stato demolito che fino all’altezza di metri 1.60 dal piano della Cappella, limite della struttura anacrona delle due parti infima e suprema del medesimo. Ora accadde che per proseguire certi scavi intrapresi per scuoprire l’origine antichissima di esso muro la mattina del giorno predetto, sulle 10 circa antimeridiane, si ebbe bisogno di collocare una pompa, precisamente all’angolo dove questo s’ intesta colla Cappella Rasponi. Ivi trovavasi una porta già da tempo chiusa con mattoni in cemento di fango, e siccome il maneggio della leva veniva impedito dalla sporgenza di alcuni di essi, l’assistente Comunale Sig. Gio. Battista Lorenzatti die ordine a Pio di Luigi Feletti muratore, di levarli. Dopo pochi colpi di martello fu sentito il rintocco di un legno, poi apparve una cassa, a cui fatta leva dal lato sinistro cadde per terra la tavola del lato anteriore, assieme ad alcune ossa umane, lasciando leggere sulla pagina interna del fondo la seguente inscrizione a penna.

Dantis Ossa
Denuper revisa die 3 Junij
1677


Sorpresi della scoperta, le ossa cadute, a cura dello stesso Feletti e di Angelo Bradi operaio, vennero in fretta raccolte e portate nell’attiguo tempietto di Dante. Qui chiamato, accorsi per primo a riconoscere la preziosa leggenda; indi sopravvenne l’illustrissimo Signor Ingegnere Lanciani, il R. Sindaco, la Giunta e quanti altri furono presenti all’ atto che immediatamente si volle rogato per mano del Notaio a testimonianza giuridica della meravigliosa scoperta.

[…] Non appena rinvenuto questo sacro deposito, è stato trasportato entro il tempio di Dante sotto la vigilanza dell’ assistente comunale Gio. Battista Lorenzatti, sopravvenuti immediatamente i sunominati Ingegneri Cav. Filippo Lanciani, e Romolo Conti. I quali hanno subitamente portato a notizia dell’ Illmo Sig. Sindaco Conte Gioacchino Cav. Rasponi Deputato al Parlamento iva tanto avvenimento, ed egli si è qui recato insieme colli Signori Dottor Pietro Miccoli, Conte Ferdinando Cav. Rasponi, Avv. Cav. Giacomo Camporesi, Conte Ing. Luigi Guaccimanni, e Dottor
Bartolomeo Vignuzzi Assessori nonché col supplente Ing. Antonio Serena componenti la Giunta Municipale.
Indi il Sig. Sindaco ha ordinato che sia chiamato in luogo, oltre il qui presente Sig. Claudio Dott. Bertozzi Chirurgo Condotto, anche il Chirurgo Primario condotto Sig. Prof. Cav. Giovanni Paglioli, il quale è giunto immediatamente, e coll’opera loro si sono estratte c riscontrate le ossa che si trovavano in detta cassa rinchiuse e ne fu offerta dai suddetti Professori la seguente Relazione.
[6]

Relazione anatomico-fisiologica sulle ossa di Dante

Teschio senza mascella inferiore e senza denti.
1 Osso joide.
1 Laringe.
23 Coste: mancante l’ultima spuria di destra.
1 Sterno in due pezzi, colla cartilagine xifoide saldata al pezzo inferiore.
2 Clavicole.
2 Scapole.
2 Omeri.
2 Raggi. Mancano le ulne.

Delle mani si sono trovate:
1 Grande osso.
1 Trapezio.
1 Uncinato.
3 Falangi.

23 Vertebre. Manca la prima cervicale.
1 Sacro.
2 Ossa innonimate.
2 Femori.
2 Tibie.
1 Fibula destra. Manca la sinistra.
2 Rotule.

Dei piedi abbiamo trovato :
2 Calcagni.
1 Astragalo.
3 Cuneiformi.
1 Cuboide.
6 Falangi

[…] Giova inoltre notare che tutte le ossa componenti lo scheletro erano benissimo conservate, ed il loro colore non uniforme era in alcune arancio carico, in altre rosso scuro ed in altre ancora tendeva al nerastro. […] Questi caratteri fisici fanno conoscere che tali ossa non furono mai sotterrate, giacche chiaramente si vede non avere mai subito l’azione dell’acqua e dei sali che nella terra contengonsi. Gioverebbe alle attuali ricerche lo stabilire 1’antichità di queste ossa; ma fino ad ora la scienza non possiede alcun mezzo sicuro per raggiungere lo scopo. Chi osservò ossa rinchiuse in sarcofagi, (contino esse uno o più secoli), non le trovò dissimili da queste […]

Note

[1] Cesare Balbo, Vita di Dante, I-II, Torino 1839 (II, p. 417)
[2] Giovanni Boccaccio, Trattatello in laude di Dante, 1365, c. XV
[3] Camillo Spreti, Memorie intorno i dominj e governi della città di Ravenna, Faenza 1822, p. 186
[4] Romolo Conti, Della scoperta delle ossa di Dante. Relazione con documenti, Ravenna 1870, p. 13
[5] Conti, op. cit., pp. 1, 17-19, LI
[6] In Conti, op. cit., pp. I-III della Relazione

Pubblicato da Sandro Lorenzatti

Archeologo e Scrivano

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